Un direttore poco conosciuto: Pietro De Nardi

La biblioteca Del Dipartimento formazione e apprendimento conserva solo un testo del De Nardi, un estratto della rivista Il Baretti dal titolo un po’ altisonante Di Aristotele ad esercizio di Greco e a trattazione di morale filosofica ne’ licei, giusta il programma Baccelli, per Pietro De Nardi, professore di Filosofia nel R. Istituto Internazionale italiano di Torino. Una discussione, molto tecnica e molto precisa, di un aspetto specifico dei programmi liceali italiani del periodo, che non ci fornisce grandi indicazioni sull’autore.

Per farsi un’idea di chi egli fosse, è bastato però consultare il monumentale Dizionario Biografico dell’Educazione di Giorgio Chiosso, nel quale egli è uno dei pochi personaggi ticinesi con una sua entrata. Nato nel 1847 a Novara dove aveva conseguito la patente di maestro nel 1864, insegnò in Ticino sin dal 1869. La sua nomina a direttore della Scuole Normale maschile era un atto politico: il governo conservatore uscito rafforzato dalle elezioni del 1877 voleva infondere alla formazione dei docenti e delle docenti una robusta dose di “valori cristiani”, cosa che egli sembrava essere in grado di realizzare pur senza venire meno a una buona qualità pedagogica della formazione.

Quale fosse realmente il suo pensiero pedagogico, lo vediamo bene in una sua lezione alle allieve della Scuola femminile (evidentemente egli insegnava anche in quella) del 1880 (che ho trovato sempre alla Biblioteca Braidense di Milano):

[…] La briga di educare alla virtù i maestri dicono di lasciare ai padri, alle madri, ai parroci; e s’accontentano d’una disciplina scolastica superficiale, meccanica. Perniciosissimo errore codesto, che inferma la scuola elementare odierna, ed è scaturigine di gravissimi mali agli individui, alle famiglie, agli Stati. Niuna stima vuolsi fare dell’arte del leggere, dello scrivere, del calcolare, se disgiunta dall’arte di ben vivere; poiché allor rende meglio capaci ad architettare inganni, a riuscire in rei disegni, a mascherare opere perverse. Officio della scuola non è soltanto di illuminare, ma eziandio e soprattutto di riscaldare. L’istruzione per l’istruzione è formola atea in pedagogia, come l’arte per l’arte è formola atea in estetica. Ma, come diceva il Girard, le parole per i pensieri, ed i pensieri per il cuore e per la vita.

Il De Nardi lascia la direzione della Scuola Normale maschile già nel 1881, non senza rammarico, se consideriamo che alcuni anni dopo egli pubblica un volumetto di Memorie pedagogiche del Canton Ticino (l’ho ritrovato nella Biblioteca Braidense di Milano), che nella prefazione dedica “ai molti allievi e alle molte allieve, che nella Repubblica del Ticino abbiamo lasciato, e che sappiano conservare tuttora buona memoria di noi.”


Perché allora egli ha lasciato la direzione dopo appena tre anni? Non è noto con precisione, ma sappiamo che era un convinto sostenitore delle idee del filosofo Antonio Rosmini (1897-1855), che nella chiesa cattolica del tempo era in odore di eresia. Sappiamo anche che il professore di filosofia del Liceo di Lugano, Giovanni Battista Gianola, un rigido difensore dell’ortodossia cattolica, in polemica con il De Nardi arrivò a pubblicare, nel 1881, un volumetto il cui titolo è un programma: Il libercolo di un sofista rosminiano confutato. Probabilmente il De Nardi, inviso a un uomo senza dubbio potente come il Gianola, fu in qualche modo vittima di quella polemica. Nel 1886 rientrò in Italia, dove insegnò ancora per molti anni arrivando anche alla libera docenza all’università di Bologna. Tra il 1893 e il 1905 insegnò nel liceo di Forlì e qui morì il 28 giugno 1905.


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